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Le forme

Una cosa che la vita mi ha sbattuto in faccia in queste due settimane é la mia deplorevole forma fisica. Necessario correre ai ripari. La prima stilettata all’orgoglio c’é stata alla visita della mamma del pupetto. Lei ha 7 anni più di me eppure è in gran forma. Quando l’ho fatto notare a Crysis, lui con la delicatezza che distingue l’uomo medio ha detto “è vero, ma ha sempre fatto tanta palestra.” Ora, tralasciando che non saprei dove trovare il tempo e che la sua cazzo di palestra la paghiamo noi con quell’assegno mensile esorbitante, ma mi sono girate assai. Non poteva negare l’evidenza? In quel frangente l’avrei preferito. E poi niente, a parte le tamarre palestreate, vedo un sacco di donne più toniche. Sto perdendo terreno anche con la media, non va. Chissà se un guizzo di amor proprio mi darà la forza necessaria a inizare a muovermi un po’.

We’re a happy family

Sopravvissuta.
Non so che pensare, mi sento a disagio a fingere distensione laddove manca. Avrei voluto delle foto oggi, istantanee di alcuni momenti, tipo Palletta a cavalluccio con la madre del pupetto, oppure la partita a bigliardino io e pupetto vs sua madre e compagno. Oppure Crysis che prende un caffè con il comagno della madre del pupetto.
Chi l’avrebbe mai detto.
Troppe cose in sospeso, ma diciamo che se fossero stati una coppia qualsiasi ci saremmo amche trovati bene.

Un po’ mi ci rode anche ammetterlo.

Ma ti pare?

Quali sostanze psicotrope hai assunto quando hai deciso che passare una intera giornata al mare con ex marito e relativi partners al fine di festeggiare il compleanno del figlio comune fosse una buona idea?
E a questo punto la domanda che tutti ci domandiamo è: ma chi lo paga il pranzo?

Ma davvero hai pensato che fosse una buona idea? Fortunatamente ho l’escamotage di Palletta che non saprà stare seduto e poi dovrò farlo dormire e giocare e sicuramente vorrà fare una passeggiata di otto ore.

Cazzi vostri, io me la squaglio.

Dodici anni sono tanti

Dodici anni fa vivevo un momento magico e fecondo. Avevo la netta sensazione di essermi finalmente appropriata della mia vita. Una serena vita universitaria, ancora non inquinata da ansie di tesi, un bel gruppo di amici. Giusto un mese prima mi ero liberata di una storia importante ma vecchia, morta di morte naturale. Stavo benissimo, mi sentivo bella e la sensazione di libertà era inebriante. Ricordo il caldo, le risate, i pensieri e il cuore leggero. Avevo conosciuto questo ragazzo un po’ insolito e capivo che muoveva delle corde che non sapevo neanche di avere. Ma tutto volevo tranne che innamorarmi. E invece solo 20 giorni dopo avrei realizzato che invece era proprio lui che faceva la differenza tra una giornata bella e una un po’ grigia. Era lui che da lì in poi mi avrebbe colorato la vita. Era con lui che un anno dopo sarei andata a vivere in questa casa.
E poi tre anni fa per la prima volta mi svegliavo con la consapevolezza di avere una minuscola e quasi invisibile palletta nella pancia.

Riempire i vuoti

È un bisogno che non riesco bene a interpretare, quello di riempire la vita fino a che non ti fa venire il fiatone. Poco dopo essere andati a vivere insieme abbiamo adottato le due gattine. Poi c’è stato un lungo periodo molto complesso, molto instabile dal punto di vista economico, lavorativo e famigliare. Poi le cose si sono sistemate e sono bastati pochi mesi di sollievo che abbiamo deciso di adottare la sora cana. Un cane fa “famiglia”, e ormai da molte esperienze che ho conosciuto, il cane è la prova generale. Il cane ti obbliga ad orari, è emotivamente e di fatto più impegnativo di un gatto. Quando prendi un cane vuol dire che a breve sarai pronto per un figlio. E infatti pochi mesi dopo abbiamo iniziato la ricerca di un figlio. Che poi ci ha messo tempo ad arrivare, ma non è questo il punto. Ora ci sono le gatte, la cana e il figlio ha due anni. Parlotta, è divertente e le notti da incubo vengono intervallate da notti discrete e alcune addirittura buone. Adesso la vita ha raggiunto una routine. Non avanza del tempo, arrivo a sera stanca, sono felice di poter dedicarmi un po’ a me stessa, alla coppia, al figlio, al lavoro.
E allora?
E allora c’è una vocina che dice “qui c’è posto per qualcun’altro!”. E io allora la zittisco perchè domenica mattina ho portato Palletta a correre al centro commerciale (sì è triste, ma piove da un mese e in un qualche modo bisogna farlo sgambare) e non avevo orari, incombenze, niente. Solo io e lui.
E questa cazzo di vocina che mi dice “lo so che ti vaaaaa”. Ma non è vero non mi va. Vedo le colleghe incinte, soprattutto quella che sta finendo l’ottavo mese e non la invidio per niente, con i passi pesanti, il mal di schiena, la paura dell’ignoto. No no no non mi va e tu vocina stai zitta.
E allora cos’è questo sogno di stanotte? Tornavo da un viaggio con Palletta e Crysis, mia madre era a casa, una casa piena di vita, di animaletti del bosco, con la luce rilassante e primaverile; mia madre aveva questo bambino in braccio e me lo porgeva. “Tieni, è tuo figlio”. Io ero sospettosa e avevo paura, ma lo attaccavo al seno e sentivo il latte che arrivava.
Sì, ok, allattare mi manca tantissimo. Ma il resto no.
No, davvero. Giuro.

Obliqua

io tendo a fare un po’ il gioco di pollyanna, o più prosaicamente cerco di farmi andare bene quello che ho. Anelo alla tranquillità, quindi diciamo che preferisco un compromesso ad uno scontro. E non è perchè non ami perdere. Certo, a nessuno piace, ma io non sono neanche molto amante della vittoria in quanto necessariamente è la sconfitta per qualcun altro. Oddio, detta così mi faccio schifo da sola. Ma vabbè, il punto è un altro. C’è invece chi, qualsiasi cosa succeda, è insoddisfatto di quello che ha. Sempre. E questo da una parte spinge ad un continuo miglioramento, dall’altra costringe ad un infelicità senza possibilità di redenzione. E allora mi domando se sbaglio io, che cerco di farmi andare bene quello che ho e forse manco di ambizione.

E ho avuto una specie di sferzata, come una persona che mi avesse preso forte per le spalle e mi avesse scossa gridandomi “SVEGLIAAAAAA” nelle orecchie. E mi sono svegliata. Mi sono svegliata, o forse ho semplicemente fatto un altro passo verso la liberazione dalla condizione di solo-mamma. Ho ricominciato a pensare a me, ho ricominciato ad avere fame di nuove conoscenze.
E’ una bella sensazione, mi fa sentire realizzata. Mi rendo conto che la maggiorparte delle cose che mi frullano per la testa rimarranno solo lì, non avrò mai il tempo di metterle in pratica, ma per ora mi basta sognare, sperare, analizzare, PENSARE.
Da qualche giorno c’è una frase che mi gira continuamente in testa. life is just a candle and the dream must give it flame.
Adolescenziale, certo. Da quant’è che non citavo una canzone? Però quello è, serve uno scopo. Piccolo, grande, serio, ridicolo. Serve sempre qualcosa per sorridere mentre guardi avanti.

L’ha fatto

Il bimbo numero 4 non vedrà la luce. La collega ha percorso la strada dell’interruzione volontaria di gravidanza. Quando ho letto il messaggio che mi aveva mandato, che tutto era andato bene, ho pianto. Chissà se lei ha pianto. Chissà cme la cambierà questa cosa. Chissà cosa penserà un giorno quando avrà la sua gravidanza programmata e il bimbo nella sua pancia raggiungerà l’età gestazionale di questo bimbo che stamattina è stato strappato via. Io sono a favore della 194, io credo che sia importante che la salute della donna sia tutelata, ma porca miseria quanto mi sembra contronatura questa cosa. Anche se in fondo anche in natura ci sono le mamme che lasciano morire i loro cuccioli, perchè per loro non è il momento. Io per la mamma mancata sono molto triste, ma per quel cuoricino che ha smesso di battere questa mattina sono straziata. Una collega più anziana e molto cinica ha detto “non deve fare l’ecografia, non deve vederlo se no le mancherà il coraggio”, e invece io credo che sia fondamentale che chi fa questa scelta, che molto spesso è dettata dal bisogno di non deragliare dai binari che si stanno percorrendo, sia ben consapevole di quello che sta facendo, del fatto che un feto di 10 settimane è formato. La giovane collega, nonostante due ecografie, è stata coerente e adesso è a riposo con la pancia vuota. Ciao piccolo angelo.

I figli degli altri

In questi giorni ho avuto molti annunci di bimbi, dentro e fuori dalla pancia. Aveva ragione Alessia quando diceva che sarei stata felice per loro, o che comunque non avrei rigirato su di me il sentimento.
Il bambino numero 1 è nella pancia della ex-collega L, ne ha già tre, ha 33 anni. L’ultimo era stato una pessima gravidanza, ma lei dice che è il suo unico scopo, che senza non ci sa stare, che è la cosa più bella della vita. È raggiante ed è bello vedere con quanta nauralezza la sta vivendo, la naturalezza di chi vive la gravidanza come il tramite che ti porterà un (altro) bambino.
Il bambino numero 2 è nella pancia della collega M. Io lo so che lo desiderava tanto, e ci ha messo un po’ per arrivare. È entusiasta e ho voluto vedere il suo pancino, saranno mesi di discorsi leggeri e gioiosi.
La bambina numero 3 è apparsa oggi, ha 4 anni. Non avevo capito tanto bene, ma quando me l’hanno confermato mi stavano scendendo le lacrime; è la bambina di L. Adottata da poco, una gioia immensa. L che ha perso un bimbo di pochi mesi per una malattia genetica, L che ci ha riprovato ma nessuno è più rimasto nella sua pancia. E adesso finalmente è di nuovo mamma.
Il bimbo numero 4 non è detto che avrà la possibilità di vivere. È arrivato nella pancia della collega G in un momento troppo sbagliato. Lei cambia idea tutti i giorni, lei si dice che tanto può dire “stop” fino ad un attimo prima che parta la flebo di anestetico, ma lo sa che nel suo futuro adesso non c’è posto. Perchè non è italiana, perchè tra un mese partirà per fare un altro lavoro, perchè la sua famiglia non lo accetterebbe. Lei dice “if i keep, i have to give”. È una prova molto dura, e so che in passato non avrei avuto la lucidità per capire. Non dico per compatire, almeno per non giudicare.
Io ho cercato in me quei brutti sentimenti di cui parlavo, ma non li ho più trovati. Adesso non la giudico, le parlo e l’ascolto; cerco di aiutarla a ponderare le conseguenze della sua decisione, in un verso o nell’altro. È molto triste, sia in un verso che nell’altro.

La vera verità

Su facebook una mia vecchia compagna di scuola mostra orgogliosa il suo pancino di 20 settimane. Sono due gemelli e lei è felice. È sempre stata una persona di grande grazia, posata, positiva. Non mi stupisce averla ritrovata artista e combattente. Ha annunciato con grande allegria la gravidanza, mentre c’erano foto di lei in bicicletta e in motorino. Poi con altrettanta allegria ha annunciato che sono gemelli. E ieri quest’altra bella foto. Un po’ artistica, come è lei. La vive bene, con grande gioia, condividendo senza ostentare. Mi sono sentita in dovere di mettere “mi piace”. Ma la verità è che la invidio un po’. Non riesco a farne a meno. Guarirò mai?

X agosto

in attesa della telefonata che mi confermi che Crysis sia arrivato sano e salvo in California,  sono uscita in balcone. C’è molta luce, ma il cielo è terso e in passato qualche stella si è anche vista. Ma quest’anno non sono motivata, quest’anno non ho la lista desideri. Quest’anno sono serena e soddisfatta. Allora non ho aspettato le stelle cadenti.
Però ho chiuso gli occhi e ho ricordato che quando ero piccola la sera di San Lorenzo mi appoggiavo proprio qui a questo balcone e mia nonna si fumava una sigaretta e mi recitava la poesia di Pascoli. Se mi sforzo sento ancora la sua voce. Qualche tempo fa ho visto un filmato dove veniva intervistata sulla sua esperienza di partigiana e sentire la sua voce, che emozione. Sono passati 15 anni ma ancora mi manca da matti, accidenti!
Ieri mattina parlavo con un bambino di 4 anni vicino di ombellone, al mare solo con la nonna. Gli chiedevo se era contento che il venerdì sarebbero arrivati i genitori con la sorellina, e lui candidamente ha risposto “si, ma i preferisco stare qui solo con la nonna!”. E mi è tornato in mente quante volte l’ho pensato. Non che non volessi bene ai miei genitori, ma con la nonna è diverso, era più bello.